Articolo scritto da FT-OMPT Davide Vallesio

LESIONI MUSCOLARI

Le lesioni muscolari sono il trauma più comune sia negli sport individuali (atletica leggera, corsa, tennis) che in quelli a squadre (calcio, rugby, basket, pallavolo). I muscoli più interessati sono gli ischiocrurali (muscolatura posteriore della coscia), gli adduttori, il quadricipite e il polpaccio. Nonostante sia un argomento di grande interesse, sia clinico che di ricerca, non c’è ancora un accordo comune per quanto riguarda la classificazione, la prevenzione e il trattamento delle lesioni muscolari.

Cerchiamo di dare risposta a questi dubbi analizzando le ultime scoperte scientifiche sull’argomento

Innanzitutto, cosa sono e come si classificano i dolori e le lesioni muscolari?

DOMS (Dalayed Onset Muscle Soreness): Danni Muscolari a Insorgenza Tardiva, ovvero quei dolori che sorgono in seguito a esercizi fisici intensi, considerati un adattamento fisiologico del muscolo all’esercizio. I segni e i sintomi caratteristici sono: l’atleta non ricollega il dolore ad un evento preciso; il dolore insorge a 24/48 ore dall’esercizio; è spesso bilaterale, la zona di dolore è diffusa a tutto il muscolo e non ad un punto specifico; il dolore è presente a riposo e passa dopo un riscaldamento muscolare; l’insorgenza tipica è in seguito a esercizi fisici intensi. La prognosi è di 2/3 giorni e in caso di dolore forte riguarda la sensazione soggettiva dell’atleta.

CONTRATTURA: è un cambiamento strutturale del muscolo normalmente non visibile con l’ecografia. I segni e i sintomi caratteristici sono: insorgenza non correlata a un gesto specifico; al contrario dei DOMS colpiscono una gamba sola; un crampo o una sensazione di indurimento del muscolo durante l’attività possono favorirne l’insorgenza; il dolore non si percepisce a riposo ma solo con il movimento. La prognosi è di circa 3/5 giorni.

LESIONE DI GRADO 1: è un danno strutturale microscopico. All’ecografia si evidenzia una lesione di alcune fibre muscolari e la presenza di ematoma. I segni e sintomi caratteristici sono: insorgenza acuta riferibile ad un gesto specifico; nella maggior parte dei casi l’atleta deve interrompere l’attività; il dolore è localizzato, ben riproducibile e si avverte durante il movimento. La prognosi è di 15 giorni.

LESIONE DI GRADO 2: è un danno strutturale macroscopico. All’ecografia si osserva un ematoma anche nelle zone limitrofe alla lesione, la quale si estende per la maggior parte delle fibre. I segni e sintomi caratteristici sono: insorgenza acuta del dolore in un momento molto specifico; l’atleta deve interrompere l’attività sportiva immediatamente; il dolore è localizzato, ben riproducibile e l’attività fisica è impossibile. Prognosi di 20/60 giorni

LESIONE DI GRADO 3: è un danno strutturale macroscopico e all’ecografia risulta lesionato più dell’85% delle fibre del muscolo sono lesionate. C’è un importante ematoma ed edema nelle strutture adiacenti la lesione. I segni e sintomi sono simili alla lesione di grado 2 ma con intensità maggiore e impossibilità totale al movimento. La prognosi va da 60 a 90 giorni.

Classificare le lesioni serve per aiutare il fisioterapista e il paziente ad avere un’indicazione generale sulla prognosi e capire, come vedremo fra poco, come procedere con il programma riabilitativo; ricominciare troppo presto, può causare un re-infortunio che aggrava la condizione precedente. La diagnosi di lesione si basa su segni e sintomi specifici, informazioni riguardo il meccanismo che ha causato la lesione e le immagini diagnostiche; la migliore è la risonanza magnetica ma molto più frequentemente viene utilizzata l’ecografia per comodità e costi ridotti. Nonostante l’enorme utilizzo dell’ecografia nel diagnosticare le lesioni muscolari, le capacità cliniche rimangono un punto fondamentale. Queste riguardano 3 fasi distinte:

  • Anamnesi: ricostruire con il paziente l’evento doloroso, le caratteristiche del dolore, se è la prima volta o se il paziente ha già subito lesioni in passato. Come appena visto, queste informazioni possono già indurre il fisioterapista a capire quale possa essere la lesione.
  • Ispezione: valutare la presenza o meno di gonfiore, ematoma, o cambi strutturali della muscolatura
  • Esame clinico: palpazione, valutare ROM (grado di mobilità articolare), elasticità e movimenti attivi.

 

PREVENZIONE

Come già accennato, nonostante il forte interesse sull’argomento, non ci sono ancora evidenze su esercizi o strategie ben definite per la prevenzione delle lesioni muscolari. Ciononostante un lavoro preventivo che riguarda il rinforzo muscolare viene comunemente usato per evitare le lesioni dei vari gruppi muscolari; lo stretching e l’allenamento del controllo motorio sono altri elementi che potrebbero essere utili e che analizzeremo in seguito. È fondamentale che il rinforzo muscolare riguardi il movimento di più articolazioni (es. anca e ginocchio) e quindi non si focalizzi su un solo esercizio per gruppo muscolare ma che ne coinvolga almeno due. Esempi possono essere il nordic exercise, o lavori di estensione d’anca che rinforzano i flessori di ginocchio; reverse nordic exercise, squat, affondi che rinforzano il quadricipite.

Molti studi recenti stanno cercando di individuare programmi più completi che prevedono oltre che al rinforzo muscolare anche esercizi propriocettivi (di equilibrio), e di mobilità articolare. Le prime impressioni sono incoraggianti anche se la reale efficacia è ancora da dimostrare.

In definitiva le raccomandazioni più importanti sono quelle di effettuare un programma che preveda rinforzo muscolare, unito a mobilità articolare e allenamento del “core” e della propriocezione. Durante la preparazione della nuova stagione è consigliabile un lavoro preventivo più intenso (ca. 2/3 volte a settimana), riducendo a una sessione di allenamento a settimana per tutta la stagione agonistica.

TRATTAMENTO

DOMS e contratture:

Anche in questo caso non c’è certezza sul migliore trattamento ma gli esperti raccomandano:

  • Sospensione o riduzione del carico di lavoro fino alla totale o parziale risoluzione dei sintomi.
  • Terapia con caldo/freddo
  • Massaggio
  • Esercizi funzionali a basso carico di mobilità articolare

Lesioni di I°, II° e III°

Il tempo di guarigione del muscolo è diverso e varia a seconda della gravità della lesione. Questo processo però si può dividere in tre distinte fasi biologiche:

1) fase di degenerazione.

2) fase di riparazione/rigenerazione.

3) fase di rimodellamento.

Dopo quest’ultima fase sarà poi possibile ritornare allo sport praticato.

Fase di degenerazione

Va dal secondo a circa il settimo giorno. Il processo infiammatorio porta alla rimozione delle cellule lesionate e la deposizione di materiale fibroso che favorisce la formazione della cicatrice. In questo periodo il rischio maggiore è quello di un eccessivo lavoro muscolare; la contrazione preferibile è quella isometrica, perché non va ad alterare la lunghezza muscolare. In ogni caso non bisogna ricercare contrazioni massimali e rimanere sotto la soglia dolorosa. Possiamo riassumere questa fase in:

  • Applicare il protocollo POLICE (Protezione, Carico Ottimale, Ghiaccio, Compressione, Elevazione).
  • Può essere utile un periodo di riposo assoluto immediatamente dopo la lesione per favorire la formazione del nuovo tessuto ma questo periodo non dovrebbe superare i 5 giorni.
  • Nei primi 3 giorni evitare terapie strumentali che causano calore.
  • Durante tutta la prima fase evitare il massaggio diretto sulla muscolatura.
  • In caso di ematoma importante è necessaria valutazione medica.

Fase di riparazione/rigenerazione

Per passare a questa fase è necessario il raggiungimento di alcuni criteri clinici e strumentali:

  • Risoluzione dell’edema.
  • Assenza di dolore durante una contrazione isometrica massimale o submassimale.
  • Assenza di dolore durante lo stretching.
  • ROM completo.

In questa fase la cicatrice si sta formando e consolidando, e deve diventare via via più elastica.

In questa fase si introducono contrazioni concentriche con carichi di lavoro via via più intensi; possono essere inseriti esercizi eccentrici, ma in maniera molto controllata; è utile inserire esercizi di controllo motorio e di “core stability”; è utile l’utilizzo di cyclette o la ripresa della camminata.

Fase di rimodellamento

Per passare a questa fase sono necessari alcuni criteri: assenza di dolore a contrazione concentrica contro resistenza e possibilità di contrazione eccentrica sub massimale senza dolore; inoltre all’ecografia non deve più essere visibile la lesione. Questa fase ha una durata molto variabile, a secondo della dimensione della lesione e può arrivare anche a 60-90 giorni dall’infortunio. Il trattamento deve essere focalizzato su: esercizi di rinforzo con resistenza via via crescente, focalizzati principalmente sulla contrazione eccentrica; si inserisce lo stretching, inizialmente di pochi secondi poi anche di 1min, per creare dei cambiamenti strutturali duraturi all’interno del muscolo; viene reinserita la corsa con velocità via via più intense; e vengono inseriti esercizi propedeutici per la ripresa dell’attività sportiva.

Ritorno allo sport

Stabilire il momento della ripresa delle competizioni ottimale è difficile; da un punto di vista scientifico non è ancora certo quali siano i parametri corretti da seguire per tornare alle gare ed evitare un reinfortunio. Ci sono, però, 5 fattori che, se rispettati, riducono di molto il rischio di incorrere nuovamente in uno stop dall’attività fisica.

DOLORE: assenza di dolore, alla palpazione, durante l’attività e durante l’esecuzione di test specifici.

FORZA: la forza deve essere uguale alla gamba non infortunata, sia in contrazione concentrica che eccentrica.

FLESSIBILITÀ: il muscolo deve avere una flessibilità durante lo stretching uguale al controlaterale.

PERFORMANCE: l’atleta deve essere in grado di eseguire test specifici per ciascun gruppo muscolare coinvolto, riuscire a controllare il gesto in maniera ottimale, avere almeno 5 giorni di allenamento ad alta intensità.

GIUDIZIO MEDICO: il paziente deve aver seguito il giusto iter terapeutico, aver rispettato i tempi di guarigione tessutale, assenza di lesione all’ecografia, consenso del medico o del fisioterapista.

La durata di ogni fase dipende dal tipo e dalla gravità della lesione. I tempi qui riportati sono puramente indicativi. Anche il passaggio da una fase all’altra non è netto ma è un processo che deve essere guidato da esami clinici e dall’esperienza del fisioterapista. La progressione non è quindi basata sul tempo trascorso dalla lesione ma su criteri clinici ed ecografici.

Terapia strumentale:

Elettrostimolazione: l’elettrostimolazione sembra essere utile dalla seconda fase in poi per stimolare una ricapillarizzazione del muscolo e ridurre lo spasmo muscolare.

Laser: la laserterapia ha buone evidenze di riduzione dell’edema in fase acuta e favorire un processo di rimodellamento più rapido ed efficace

Tecar: per quanto riguarda la tecarterapia sembra essere utile nella riduzione del dolore, dello spasmo muscolare e a partire dalla seconda fase in poi migliorare l’estensibilità della cicatrice

Conclusioni

Per concludere, i punti fondamentali su cui focalizzarsi sono:

  • L’importanza di capire le cause che hanno portato alla lesione e il meccanismo lesivo per comprendere che tipo di lesione può essere e indirizzare già il paziente ad una prognosi.
  • La classificazione è utile sia al fisioterapista che al paziente per capire il problema e avere un’idea su come proseguire il trattamento e il ritorno allo sport.
  • Il programma riabilitativo deve seguire le fasi di degenerazione, riparazione e rimodellamento del tessuto muscolare.
  • La terapia strumentale può essere un aiuto per conseguire un risultato migliore.
  • L’esame clinico approfondito è importante in ogni momento del trattamento e il ritorno allo sport deve essere valutato con test specifici al fine di ridurre al minimo il rischio di re-infortunio.

Bibliografia:

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