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PREVENIRE LE CADUTE

PREVENIRE LE CADUTE NELL’ANZIANO

PREVENIRE LE CADUTE NELL’ANZIANO

Un problema sociale

La popolazione italiana sta diventando sempre più anziana e, purtroppo, sempre più sedentaria: con queste premesse rimanere in salute diventa difficile. Gli anziani, molto spesso, perdono la voglia di muoversi, quando devono farlo si sentono meno sicuri di loro stessi, e quindi tenderanno a muoversi ancora meno. Questo circolo vizioso è destino a peggiorare con l’avanzare dell’età e aumenterà di molto il rischio caduta. Le cadute sono la causa principale di fratture e di infortuni collegati alla morte, oltre al fatto che rappresentano un costo sanitario e soprattutto sociale enorme. La prevenzione diventa fondamentale.

Come prevenire le cadute nell’anziano?

Numerosi studi hanno cercato di individuare le strategie migliori per prevenire le cadute nella popolazione anziana. La soluzione è sempre la stessa: l’esercizio fisico!
L’esercizio fisico è un intervento di estrema importanza anche per la popolazione anziana. I benefici sono molteplici come il miglioramento della forza e della salute di ossa e muscoli, del sistema cardiorespiratorio e delle funzionalità sia fisiche che cognitive. È dimostrato, infatti, come l’esercizio fisico sia in grado di prevenire disturbi cognitivi e demenza andando a migliorare la salute delle persone a 360°.

Quale esercizio fisico?

I trattamenti proposti sono molteplici e i risultati sono sovrapponibili. Si possono fare esercizi di equilibrio, di forza, di stretching, di resistenza. Ogni esercizio porta con sé dei vantaggi e per questo l’unione di esercizi differenti potrebbe essere la chiave per una prevenzione più efficace.

(Durante le nostre lezioni di GINNASTICA POSTURALE andiamo ad unire tutte queste componenti di esercizio).

I ricercatori consigliano di effettuare 2/3 sessioni di allenamento specifico a settimana di circa 50 minuti l’una. L’intensità dell’esercizio può anche essere intensa, in quanto non sono stati riscontrati effetti collaterali a livello cardiaco. Nei giorni in cui non si eseguono attività specifiche possono essere utili attività ricreative come il giardinaggio, il bricolage o qualsiasi attività che unisce lavoro fisico a abilità manuali. Inoltre, è raccomandato effettuare delle camminate a passo più o meno sostenuto per mezzora al giorno; in alternativa si può usare la bicicletta o la cyclette.

 

Sei anziano (o lo sono i tuoi genitori) e noti di essere rigido e non riuscire più a muoverti come prima?

Non ti senti più sicuro di effettuare determinati movimenti e sei sempre più sedentario? Non hai più la mobilità articolare che avevi alcuni anni fa?

Prevenire le cadute è fondamentale: sono molto frequenti e spesso hanno esiti davvero molto negativi sulla salute delle persone.
Prenota un appuntamento per capire quali esercizi sono più adatti a te e scoprirai che con un minimo sforzo costante e quotidiano tornerai a svolgere le attività che ami in sicurezza.

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Bibliografia:

de Souto Barreto P, et al. Association of Long-term Exercise Training With Risk of Falls, Fractures, Hospitalizations, and Mortality in Older Adults: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med. 2019. PMID: 30592475

Hewitt J, et al. Progressive Resistance and Balance Training for Falls Prevention in Long-Term Residential Aged Care: A Cluster Randomized Trial of the Sunbeam Program.
J Am Med Dir Assoc. 2018. PMID: 29402651 Clinical Trial.

Sherrington C, Michaleff ZA, Fairhall N, Paul SS, Tiedemann A, Whitney J, Cumming Exercise to prevent falls in older adults: an updated systematic review and meta-analysis. Br J Sports Med. 2017 Dec;51(24):1750-1758. Epub 2016 Oct 4.PMID: 27707740

overdiagnosi sanità

UN PROBLEMA SOCIALE

“È peccato desiderarne troppa, di una cosa ch’è buona?”

Si domandava Shakespeare nella commedia “Come piace a voi”.

La salute e la sanità sono un qualcosa che ognuno di noi vorrebbe, ma cosa succede se ne abbiamo troppa?

Cosa vuol dire troppa sanità?

Vuol dire troppi screening di persone asintomatiche, troppe indagini strumentali in quelli che presentano sintomi, troppa importanza data alle eventuali alterazioni riscontrate, invenzioni di quasi-malattie, troppe diagnosi che troppo spesso portano a un eccesso di trattamenti, con bassi rapporti costi/benefici, medicine troppo costose e troppo spesso prescritte. Troppa sanità significa una sanità poco efficace, che non è in grado di risolvere problemi ma, anzi, ne crea di nuovi. In una parola si può chiamare “overdiagnosi”, cioè diagnosi che creano più danni che benefici.

Fare troppe indagini strumentali può portare a scoperte eccessive. Cioè l’identificazione di anormalità che in realtà non sono causa di . Anormalità che erano già lì da tempo e che progrediranno molto lentamente. E più le indagini sono dettagliate e precise, più si potranno trovare alterazioni. Più test farai e maggiore sarà la probabilità di trovare qualche “anormalità”. Facendo delle risonanze magnetiche a persone asintomatiche si scoprono delle periostiti tibiali nel 43% delle persone, borsiti retrocalcaneari nel 58%, artrosi al ginocchio nelle persone con più di 40 anni nel 43%, lesione del labbro acetabolare 68%, degenerazione dei dischi lombari, se avete più di 50 anni 80%. E tutti questi dati in persone asintomatiche! Se avete mal di schiena e avete 50 anni e fate una risonanza senza una valutazione precisa quattro volte su cinque avrete un’ernia, che non significa che sia la causa del vostro dolore, anzi, ma mette ansia e preoccupazione al paziente e sarà molto più difficile il trattamento.

Un altro problema della troppa sanità è il marketing

Muovere la linea tra normalità e anormalità per creare nuovi malati e quindi vendere più trattamenti e medicine.

Cosa è normale non è per forza di cose un obiettivo da raggiungere. Negli USA la normalità è essere obesi, ma non vuol dire che tutti dovremmo essere obesi. La maggior parte delle persone ha il piede neutro, quindi ci hanno fatto credere che chi ha il piede piatto è anormale e va curato e trattato; ma se guardiamo chi ha più probabilità di infortunio o dolori, scopriamo che non ci sono differenze tra avere il piede piatto o “normale”. Così anche chi ha una gamba più corta di qualche millimetro verrà trattato con rialzi, plantari e scarpe specifiche, ma non c’è nessuna evidenza che sia più a rischio di sviluppare problemi rispetto alla popolazione generale.

L’overdiagnosi è uno dei problemi più dannosi e costosi del sistema sanitario moderno. Spesso crea una cascata di eventi che portano a trattare eccessivamente persone che non sono malate.

Per prevenire l’overdiagnosi abbiamo bisogno di personale sanitario che valuti correttamente i pazienti e che li educhi rispetto a quelli che sono i loro problemi.

La velocità aerobica massima

La VAM – IL VOCABOLARIO DEL RUNNER

IL VOCABOLARIO DEL RUNNER

 

La VAM

La Velocità Aerobica Massima (VAM) è la velocità massima alla quale un runner raggiunge il massimo consumo di ossigeno. Sotto questa velocità il metabolismo è di tipo aerobico, al di sopra, non potendo utilizzare maggiore ossigeno, si utilizzerà la fermentazione lattatica e si ha quindi un metabolismo anaerobico.

Il calcolo della VAM risulta molto importante per stilare un programma di allenamento efficace. Inoltre risulta più efficace dell’utilizzo della Frequenza Cardiaca (FC) per calcolare le zone di lavoro.

La Velocità Aerobica Massima si può calcolare in diversi modi, ma i più facili da utilizzare, e al contempo precisi, sono:

  • Test sui 1500m: il test prevede di correre 1500m alla massima velocità. Per calcolare la VAM si utilizzerà la formula VAM=dove sec indica il tempo, in secondi, impiegato per percorrere i 1500m. Il risultato sarà espresso in Km/h.

 

  • Test di VAMEVAL: è un test progressivo e si esegue in pista con dei riferimenti ogni 20m. Dei segnali sonori indicano la velocità da seguire e la velocità aumenta di 0,5 Km/h ogni minuto. Si inizia a 8 Km/h per i runner principianti, 10 Km/h per gli amatori e 12 Km/h per i più esperti. Il test termina quando l’atleta non riesce più a seguire l’incremento della velocità. L’ultimo minuto completato indica la VAM. In alternativa si può eseguire il test sul tapis roulant su cui su può mantenere la velocità costante e quindi il consiglio è di impostare la salita all’1%.

 

A cosa serve?

Soprattutto per i runner amatoriali potrebbe essere utile effettuare tutti e due questi test per avere un risultato più preciso.

Il calcolo della VAM risulta molto importante per impostare allenamenti specifici e per migliorare la performance, soprattutto sui 5/10Km.

Le zone di intensità in base alla VAM sono:

Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5
% VAM Da 50 a 60% Da 60 a 70% Da 70 a 80% Da 80 a 90% Da 90 a 100%

 

Prendiamo ad esempio un runner che uno abbia una VAM di 15 Km/h (4 minuti/Km), le zone sarebbero: Zona 1 tra gli 8:00 e i 6:40 a Km, Zona 2 tra i 6:40 e i 5:43 a Km, Zona 3 tra i 5:43 e i 5:00 al Km, Zona 4 tra i 5:00 e i 4:27 al Km, Zona 5 tra i 4:27 e i 4:00 al Km.

Ricordiamo che l’allenamento dovrebbero essere fatto stando per l’80% del tempo in Zona 1/2 e per il 20% in Zona 4/5.

 

Consigli pratici:

 

La Velocità Aerobica Massima è molto utile per eseguire allenamenti al fine di migliorare la performance come:

  • 5 volte i 400m per 2 serie, con recupero passivo di 2 minuti da un 400 e l’altro e 3 minuti tra le due serie.
  • Lavori piramidali dai 100m ai 500m con recupero crescente all’aumentare della velocità

Gli allenamenti sono impegnativi e vanno ripetuti una, massimo due, volte a settimane; quindi, è meglio se vi fate seguire da allenatori o professionisti specializzati.

 

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Sindrome del tunnel carpale

Sindrome del TUNNEL CARPALE

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

 

COS’È LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE?

La sindrome del tunnel carpale è una neuropatia periferica, cioè una patologia del nervo; ed è la più comune. Il problema alla base di questa sintomatologia è “l’intrappolamento” del nervo a livello del polso, nello specifico il nervo mediano. Questo fa sì che il nervo non riesca più a scorrere correttamente e rimanga schiacciato, con conseguenti sintomi quali formicolio, intorpidimento, parestesia, perdita della sensibilità e perdita di forza.

Tutti questi sintomi, dal più lieve ai più gravi, danno come risultato la perdita delle funzionali della mano, un deterioramento della salute generale e, essendo molto comune, porta con sé serie conseguenze sociali ed economiche. Risulta quindi molto importante trovare un trattamento efficace ed economico per questa condizione.

 

DIAGNOSI

La diagnosi di sindrome del tunnel carpale si basa sull’unione tra la storia e l’evoluzione dei sintomi (anamnesi), studio della conduzione nervosa (Elettro-Mio-Grafia, EMG) ed esame clinico. Si parla di sindrome del tunnel carpale quando sono presenti due o più di questi elementi:

  • Intorpidimento o formicolio nell’area innervata dal nervo mediano (palmo della mano e prime tre dita);
  • Perdita della sensibilità durante la notte;
  • Test di Phalen Positivo;
  • Segno di Tinel positivo;
  • Dolore al polso che può irradiare fino alla spalla.

 

TRATTAMENTO

Storicamente il trattamento della sindrome del tunnel carpale può includere sia un trattamento chirurgico che conservativo, attraverso la fisioterapia. I sostenitori del trattamento chirurgico enfatizzano la sua alta efficacia clinica. Coloro che invece sostengono il trattamento fisioterapico mettono l’accento sulla sicurezza del trattamento e sui benefici della riabilitazione.

Un sondaggio evidenzia che la volontà del paziente spesso è orientata in favore della fisioterapia: infatti, il 61% dei pazienti con la sindrome del tunnel carpale intervistati vorrebbero evitare l’intervento chirurgico. Queste considerazioni incoraggiano alcuni ricercatori a sostenere il trattamento fisioterapico come primo intervento.

 

COSA PREVEDE LA FISIOTERAPIA?

Considerato che il problema alla base della sintomatologia è “l’intrappolamento” del nervo, il trattamento fisioterapico ha l’obiettivo di migliorare lo scorrimento del nervo con massaggi di desensibilizzazione e tecniche chiamate di “neurodinamica. L’enorme vantaggio dato da questo tipo di approccio è dato dall’educazione. Sin dalle prime sedute, il fisioterapista può educare correttamente il paziente su come gestire il dolore e su come svolgere questi esercizi a casa, permettendogli di progredire in base alla sintomatologia. Responsabilizzare il paziente migliora l’efficacia del trattamento.

Gli esercizi di neurodinamica e le tecniche di desensibilizzazione si sono dimostrate efficaci nel trattamento della sindrome del tunnel carpale. Sono stati riscontrati miglioramenti sia a livello del dolore, che della conduzione nervosa e nella funzionalità della mano.

 

CONCLUSIONE

Per trattare pazienti con sindrome del tunnel carpale, l’utilizzo di esercizi di neurodinamica e tecniche di desensibilizzazione hanno dato effetti benefici significativi. Uno studio condotto su pazienti con sindrome del tunnel carpale, mostra che questi, a distanza di quattro anni, hanno gli stessi benefici sia che abbiano effettuato un programma riabilitativo sia che abbiano optato per l’intervento chirurgico.

Le tecniche di neurodinamica non richiedono molto tempo, possono essere insegnate al paziente nel corso delle prime sedute, e questi potrà ripeterle comodamente a casa. In aggiunta, le tecniche di desensibilizzazione sono utili per diminuire il dolore, migliorare la conduzione nervosa e le funzionalità della mano.

 

Referenze:

Wolny T, Linek P Is manual therapy based on neurodynamic techniques effective in the treatment of carpal tunnel syndrome? A randomized controlled trial Clinical Rehabilitation 2019, Vol. 33(3) 408– 417 doi: 10.1177/02692155188052

Fernandez-de-Las-Penas C, Arias-Buria JL, Cleland JA, et al. Manual Therapy Versus Surgery for Carpal Tunnel Syndrome: 4-Year Follow-Up From a Randomized Controlled Trial. Phys Ther. 2020 Oct 30;100(11):1987-1996.  doi: 10.1093/ptj/pzaa150.

Regalo natale

Buon Natale – FisioSprint

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Con la salute non si scherza, da FisioSprint lo sappiamo bene.

Per festeggiare in salute abbiamo preparato grandi PROMOZIONI per voi e i vostri cari.

Potrete scegliere di regalare 1, 3 o 5 sedute di fisioterapia a un prezzo vantaggioso.

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BUON NATALE

Zaino e mal di schiena

“Lo zaino pesante causa mal di schiena!”

“Se teniamo lo zaino su una spalla sola si diventa storti e viene la scoliosi!”

“Bisogna fare attenzione a come si sta seduti, se no ci si rovina la schiena!” 

 

Queste sono alcune delle frasi che più spesso diciamo o che sentiamo dire ai bambini in vari contesti. Ma, in realtà le cose non stanno proprio così! 

 

Quando si parla di salute, come in questo caso, non bisogna seguire il pensiero comune. Al contrario, è necessario cercare di capire cosa ci suggeriscono gli studi scientifici. Quindi mi sono posto una domanda:

è vero che lo zaino (pesante) provoca mal di schiena nei bambini?

 

Le risposte a questa domanda vi sorprenderanno. 

 

I tanti studi analizzati indicano che lo zaino non causa il mal di schiena, neanche quando il peso dello zaino è superiore al 10% del peso del bambino; per intenderci, quando lo zaino pesa più di 6/10Kg.

Inoltre, gli studi dimostrano che caricare borse monospalla, un trolley o altre varianti di zaino non crea più problemi rispetto al caricare lo zaino nella maniera “corretta”.

 

Ci sono altri aspetti molto importanti da considerare. I nostri bambini devono muoversi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i ragazzi fino ai 18 devono fare almeno un’ora di attività fisica al giorno per crescere bene e stare in salute. La vita sedentaria che conducono i bambini e gli adolescenti probabilmente è il più importante aspetto da considerare quando si parla di mal di schiena nei ragazzi, e non tanto lo sforzo, comunque di pochi minuti, di portare uno zaino pesante.

 

Per quanto riguarda la postura?

 

Anche in questo caso sappiamo che non esiste una postura giusta e una sbagliata. Sappiamo che i bambini devono muoversi e non stare tanto tempo fermi nella stessa posizione. Come dice il grande fisioterapista O’Sullivan, la postura migliore è quella che si cambia ogni 5 minuti. Quindi, cerchiamo di non costringere i bambini a stare sempre nella stessa posizione e consigliamo loro di muoversi il più possibile. 

 

In conclusione, è importante che i bambini e i ragazzi crescano facendo sport e muovendosi molto. Non è quasi mai il peso dello zaino la causa del loro mal di schiena.

 

Le risposte alla domanda iniziale vi hanno scioccato?

Se siete un po’ sconvolti sono contento. Sfatare falsi miti e credenze che vengono portate avanti senza fondamenti scientifici è importante per la fisioterapia moderna e per gestire al meglio i pazienti.

 

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Bibliografia:

  1. Calvo‐Muñoz I., M. Kovacs F., Roqué M., Seco‐Calvo J. The association between the weight of schoolbags and low back pain among schoolchildren: A systematic review, meta‐analysis and individual patient data meta‐analysis. Eur J Pain. 2020 Jan;24(1):91-109. DOI: 10.1002/ejp.1471
  2. Akbar, F., AlBesharah, M., Al-Baghli, J., Bulbul, F., Mohammad, D., & Qadoura, B., & Al-Taiar, A. (2019). Prevalence of lowBack pain among adolescents in relation to the weight of school bags. BMC Musculoskeletal Disorders, 20:37. https://doi.org/10.1186/s12891-019-2398-2
  3. Calvo-Muñoz, I., Kovacs, F. M., Roqué, M., Gago Fernández, I., & Seco Calvo, J. (2018). Risk factors for low back pain in childhood and adolescence: A systematic review. Clinical Journal of Pain, 34, 468-484. https://doi.org/10.1097/AJP.0000000000000558
  4. Devroey, C., Jonkers, I., de Becker, A., Lenaerts, G., & Spaepen, A. (2007). Evaluation of the effect of backpack load and position during standing and walking using biomechanical, physiological and subjective measures. Ergonomics, 50, 728-742. https://doi.org/10.1080/00140130701194850
  5. Dianat, I., Sorkhi, N., Pourhossein, A., Alipour, A., & Asghari-Jafarabadi, M. (2014). Neck, shoulder and low back pain in secondary schoolchildren in relation to school bag carriage: Should the recommended weight limits be gender-specific? Applied Ergonomics, 45, 437-442. https://doi.org/10.1016/j.apergo.2013.06.003
  6. Siambanes, D., Martinez, J. W., Butler, E. W., & Haider, T. (2004). Influence of school backpacks on adolescent back pain. Journal of Pediatric Orthopedics, 24, 211-217. https://doi.org/10.1097/01241398-200403000-00015
Corso di FUNCTIONAL TRAINING

Corso di FUNCTIONAL TRAINING

NUOVO PROGETTO!

Grazie alla collaborazione tra Fisioterapia e Scienze Motorie nasce un nuovo corso targato FisioSprint.

Corso di FUNTIONAL TRAINING

 

Il Functional Training è una metodologia di allenamento che prende spunto e piede in America, in risposta all’abuso delle attrezzature che tappezzano le palestre e i centri sportivi di tutto il mondo. Considerando i tempi moderni, dove la sedentarietà e l’innovazione tecnologica, soprattutto nei giovani, sta portando a una perdita delle loro capacità motorie, a un incremento delle patologie dismetaboliche e al presentarsi sempre più precocemente di problematiche legate alla conformazione ossea/legamentosa/muscolare, il ritorno al movimento risulta fondamentale, sia in ambito di benessere personale, sia nell’ambito sportivo.

 

PERCHE’ SCEGLIERE UNA METODICA DI ALLENAMENTO «FUNZIONALE»

1. Nella nostra vita non esiste l’isolamento muscolare tipico della sala attrezzi;
2. Il nostro corpo è nato per compiere movimenti, grazie alla sinergia dei vari complessi muscolari;
3. Essere «funzionali» vuol dire essere forti, reattivi, agili, elastici e coordinati.

 

COMBO FUNCTIONAL TRAINING

Altro non è che la combinazione di due esercizi racchiusi in un solo finale. Conoscendo la biomeccanica applicata al movimento, saremo sempre appetibili potendo creare nuovi esercizi da poter proporre per rendere le nostre lezioni di F.T. sempre interessanti. Es: Lunges Curl

 

CORE FUNCTIONAL TRAINING

E’ la fascia centrale che include il complesso lombo-coxo-pelvico, considerato il fulcro di trasmissione delle forze dalla parte alta alla parte bassa. Conferisce stabilità al movimento favorendo una miglior postura sia nel fitness che nello sport agonistico.

Muscoli del Core: Trasverso, Obliqui, Retto dell’addome, Quadrato dei lombi, Multifido, Glutei

 

PROPRIOCEPTIVE FUNCTIONAL TRAINING

La regolazione del tono posturale e di tutti i movimenti, sia volontari che riflessi, è legata alle informazioni che arrivano al sistema nervoso dai recettori muscolari, tendinei, vestibolari e articolari. La loro funzionalità a volte può essere scarsa a causa di esperienze motorie limitate, ecco perché l’importanza di introdurre negli allenamenti strumenti come skymmy, pedane propriocettive, fitball ecc.

 

ASYMMETRIC FUNCTIONAL TRAINING

L’esecuzione di esercizi asimmetrici è senza dubbio più impegnativa dell’esecuzione di esercizi classici perché reclutano all’azione più gruppi muscolari. Richiedendo una concentrazione maggiore per mantenere la stabilità del corpo, coinvolgendo maggiormente anche la muscolatura addominale e della schiena, è consigliabile l’utilizzo di carichi non troppo elevati. Nella pratica quotidiana, che tu stia portando le borse della spesa, tenendo tuo figlio in braccio, lanciando una palla o eseguendo altri gesti atletici come nuoto o corsa, il tuo corpo sta producendo una rotazione e controllando una rotazione indotta dall’esterno.

 

SPECIAL FUNCTIONAL TRAINING

  • Basati essenzialmente sulla pesistica adattata
  • Esercizi che combinano in forma varia elementi degli altri 4 metodi
  • Esercizi di Agility

 

 

CONSUMO CALORICO

Un workout di attività funzionale può generare, a seconda dell’intensità (da moderata a vigorosa), un dispendio energetico compreso tra 5.3 a 8 METs. Questo vuol dire che per un soggetto alto 1,70m e che pesa 70kg, avremo un consumo calorico che si aggira tra le 350 e 500kcal per 50’ di attività, rientrando anche in quelle che sono le raccomandazioni ACSM per quanto riguarda la spesa energetica giornaliera per il miglioramento e il mantenimento della fitness cardiorespiratoria.

 

Per maggiori informazioni sul corsi di Functional Training chiamare il 349 3539959

sclerosi multipla fisioterapia

SCLEROSI MULTIPLA: LA FISIOTERAPIA AIUTA

LA FISIOTERAPIA MIGLIORA LA QUALITÀ DI VITA IN PERSONE AFFETTE DA SCLEROSI MULTIPLA

 

La Sclerosi Multipla (SM) è una patologia neurodegenerativa, purtroppo, molto frequente. Colpisce circa 120.000 persone in Italia e con un rapporto di 3:1 colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini.

Può colpire diverse zone del Sistema Nervoso Centrale, e quindi la localizzazione dei sintomi può essere molto disparata. Generalmente più è grave e da più tempo persiste la malattia. più la localizzazione è diffusa, anche se questa correlazione non è sempre vera. Per fortuna, la ricerca scientifica negli ultimi anni sta facendo passi da gigante e la SM, oggi, può essere affrontata e trattata con successo sia con terapie farmacologiche che non farmacologiche. Gioca un ruolo fondamentale quindi la riabilitazione

I BENEFICI DELLA FISIOTERAPIA

Oggi vi parlerò dei benefici che la fisioterapia e l’esercizio aerobico hanno nel migliorare la Qualità di Vita nelle persone affette da SM. Per farlo analizziamo un recente studio che si è posto proprio l’obiettivo di capire quale trattamento non-farmacologico fosse il più indicato per migliorare la Qualità di Vita dei pazienti e i loro aspetti fisici, cognitivi e sociali.

Lo studio ha analizzato diversi aspetti: esercizio aerobico, esercizio anaerobico, yoga, fisioterapia e combinazione di esercizi differenti.

Questa Revisione Sistematica ha evidenziato che gli interventi migliori risultano essere l’esercizio aerobico (corsa, nuoto, ciclismo, etc.) e la fisioterapia. Questi due interventi sono quelli che hanno mostrato gli incrementi più significativi sulle capacità fisiche e mentali e nelle interazioni sociali. In definitiva hanno dimostrato come migliorino la Qualità di Vita. Per gli altri tipi di interventi non è stato possibile dimostrare una reale efficacia del trattamento.

VIVERE CON LA SCLEROSI MULTIPLA

È importante, quindi, che le persone affette da SM rimangano attive, si facciano seguire da un fisioterapista per aumentare la consapevolezza del proprio corpo e per mantenere le proprie capacità fisiche, mentali e sociali. L’isolamento e la paura di fallire sono spesso frequenti, ma esistono strategie che aiutano a migliorare la Qualità di Vita anche in questa situazione delicata per i pazienti e per le persone a loro vicine. 

Quindi: rimanete attivi, fate esercizio fisico aerobico e affidatevi a fisioterapisti specializzati e preparati.

Potete trovare maggiori informazioni utili sul sito dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) www.aism.it.

 

Se hai bisogno di un trattamento fisioterapico prenota subito al: 349 3539959 oppure a info@fisiosprint.it

DOLORE CERVICALE IN EPOCA DI SMART WORKING

Prima di iniziare a parlare del dolore cervicale in epoca di smart working vorrei ringraziare il Gruppo Terapia Manuale (GTM) e Associazione Italiana Fisioterapisti (AIFI) per la realizzazione di questo ottimo opuscolo educativo completamente gratuito e scaricabile.

Cosa si intende per dolore cervicale?

Il dolore cervicale, o male al collo, è per definizione localizzato in quella regione anatomica delimitata superiormente dalla base del cranio (occipite) e inferiormente da una linea immaginaria che passa all’altezza delle scapole.

È la seconda causa di disabilità, preceduta solo dal mal di schiena, e si stima che fino al 70% della popolazione sviluppi dolore al collo nella propria vita. Sebbene nella maggior parte dei casi sia una problematica benigna e la prognosi sia favorevole, spesso il problema può diventare persistente e quindi causare disabilità prolungata a chi ne soffre. Per le caratteristiche fisiche, psicologiche e sociali del problema, il dolore al collo è associato a una riduzione della qualità di vita, della produttività lavorativa e a limitazioni funzionali. Come tutti i disturbi muscolo-scheletrici, anche il dolore cervicale ha un’eziologia multifattoriale. Viene definito come disturbo non specifico in quanto non determinato da specifiche problematiche traumatiche o acute, ma è una sintomatologia subdola attribuita a cause di origine posturale e meccanica.

Questa condizione dolorosa non deve essere sottovalutata poiché può sfociare in tensione muscolare e in rigidità di tutto il rachide, generando mal di testa, problemi temporo-mandibolare fino ad arrivare a vertigini, nausea e alterazione dell’equilibrio.

Chi è più a rischio?

La popolazione più colpita da questo disturbo sono le donne tra i 40 e i 50 anni, anche se sono affetti uomini e donne di tutte le età.

Le categorie più colpite sono gli impiegati, chi fa lavori da scrivania e chi è costretto molte ore al giorno a lavori su videoterminali. Il motivo per cui il dolore cervicale affligge queste categorie di lavoratori è complesso e bisogna considerare sia fattori personali che relativi al lavoro stesso. I maggiori fattori di rischio occupazionali per l’insorgenza di un nuovo episodio di dolore al collo sono:

  • Impegno lavorativo elevato e stressante
  • Presenza di un ambiente di lavoro ostile con scarsa organizzazione
  • Mansione lavorativa non decisionale e non variabile
  • Scarsa soddisfazione per l’ambiente di lavoro e basso sostegno tra i colleghi,
  • Utilizzo elevato dei videoterminali.

A questi elementi vanno aggiunti fattori di rischio personali non modificabili come il sesso, l’età e l’aver avuto precedenti episodi di dolore cervicale. 

In questo momento di emergenza, il dolore cervicale è molto frequente tra i lavoratori che praticano smart working. Il dolore può essere causato da:

  • Posture sedute mantenute a lungo
  • Scarsa possibilità di variare la posizione, 
  • Posizioni scomode con il posizionamento del monitor non frontale,
  • Movimenti frequenti di rotazione del capo, 
  • Posizionamento del monitor e della tastiera troppo vicini al corpo.

Questi elementi, infatti, determinano un aumento significativo dell’elevazione delle spalle e della rigidità muscolare, oltre a un incremento dello sforzo visivo per mettere a fuoco. 

Cosa si può fare?

Gli interventi possono essere di due tipi: 

  1. Un intervento di tipo strutturale, mirato a progettare spazi e postazioni di lavoro mobili ed ergonomiche, e organizzando il lavoro in modo da permettere ai dipendenti di spostarsi e non assumere posture fisse per troppo tempo.
  2. L’aiuto di un fisioterapista. Grazie alla fisioterapia è possibile alleviare o prevenire i sintomi cervicali grazie a degli esercizi di rinforzo, allungamento e propriocettivi dei muscoli cranio-cervicali. Questi esercizi, infatti, permettono al lavoratore di sopportare meglio la giornata lavorativa, permettendo ai muscoli di affaticarsi meno. 

La ricerca scientifica ci dice che questo tipo di esercizi sono i più efficaci a medio-lungo termine. Tuttavia, in alcuni casi i pazienti necessitano di alcuni interventi di terapie passive quali massaggi, mobilizzazione del rachide e supervisione durante gli esercizi. Successivamente alla terapia passiva, il paziente dovrebbe comunque essere educato su come svolgere gli esercizi in maniera autonoma e indipendente. 

In generale, i risultati migliori si ottengono dalla combinazione di cambiamenti strutturali e di esercizi. I miglioramenti non sono solo a livello del dolore, ma anche a livello di soddisfazione e appagamento lavorativo, di stress e di miglioramento della produttività.

Quali esercizi?

Gli esercizi possono sembrare banali ma sono utilissimi per rilassare e al contempo rinforzare la muscolatura cervicale. Sempre con l’aiuto dell’opuscolo fornito da GTM e AIFI (consultatelo per approfondimenti) vi presentiamo 10 esercizi:

 

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VIVERE MEGLIO E PIÙ A LUNGO

Le malattie croniche sono causa di morte per circa 40 milioni di persone ogni anno (circa il 70% di tutti i decessi a livello globale). E il 15% delle morti, in Italia, sono causate dalla sedentarietà.

In questo articolo daremo sane informazioni su diabete, malattie cardiovascolari, respiratorie, tumori, e su un corretto stile di vita.

Una recente pubblicazione apparsa sul British Medical Journal afferma che

  1. non fumare,
  2. limitare l’assunzione di bevande alcoliche,
  3. fare attività fisica regolare,
  4. mantenere un peso corporeo adeguato
  5. mangiare cibo sano,

permette non solo di allungare, ma anche di migliorare la qualità di vita.

Risultato immagini per ATTIVITà fisica

La notizia può essere commentata come: 

“Ohibò, che vita amara!”

oppure 

“Beh, abbiamo scoperto l’acqua calda!”

E’ vero: si tratta di raccomandazioni scontate, ma la portata innovativa della ricerca pubblicata nel 2020 sul BMJ sta nell’evidenziare che alcuni fattori non solo influiscono sull’aspettativa di vita ma, associati fra loro, hanno una significativa incidenza sugli anni di vita senza malattie. 

In accordo con lo slogan: “Aggiungere vita agli anni e non anni alla vita!” 

I ricercatori hanno studiato i dati provenienti da un campione di oltre 100mila individui in un periodo compreso tra il 1980 e il 2014. Hanno esaminato persone non  fumatrici, con un Body Mass Index compreso tra 18.5 e 24.9, praticanti attività fisica da moderata a intensa per almeno 30 minuti al giorno, con minima assunzione di alcool e con una dieta sana. Elementi che hanno chiamato “fattori di stile di vita a basso rischio”.

Il risultato è stato che questi cinque fattori associati aiutano a vivere più a lungo e meglio, riducendo il rischio di malattie croniche. Ne consegue una migliore qualità di vita.

A titolo esemplificativo è emerso che per le donne che non adottano alcuno dei cinque fattori l’aspettativa di vita senza diabete di tipo 2 o malattie cardiovascolari è di 73 anni , mentre per chi ne adotta 4 su cinque, l’aspettativa è di 84 anni. Per gli uomini l’aspettativa è 81 anni.

Ma quanto esercizio fisico è raccomandato? Tra i 150 e i 300 minuti di moderata attività aerobica a settimana o tra i 75 e i 150 minuti di attività aerobica intensa. In aggiunta esercizi di rinforzo muscolare due o più giorni.

Va evidenziato peraltro che l’esercizio fisico, associato anche solo a uno o due dei fattori sopra descritti, permette comunque di aumentare gli anni di vita senza tumori, malattie cardiovascolari o diabete di tipo II, anche se i miglioramenti più significativi sono stati riscontrati in coloro che li hanno “adottati”  tutti e cinque.

Risultato immagini per cibo sano

L’adozione di uno stile di vita salutare arreca benefici non solo al singolo individuo ma all’intera collettività, riducendo la spesa sanitaria ed incrementando l’efficienza del sistema sanitario.

Le politiche nazionali per migliorare un’aspettativa di vita libera da patologie che ne inficiano la qualità non dovrebbero quindi limitarsi a misure interdittive (quali ad esempio il divieto di fumare in luoghi pubblici) ma promuovere una sana alimentazione ed un corretto esercizio fisico.

A voi la scelta se andare a correre o farvi una birra al pub (rischiando il coronavirus).

(Healthy lifestyle and life expectancy free of cancer, cardiovascular disease, and type 2 diabetes: prospective cohort study, BMJ, Published 08 January 2020)