La CADENZA

La CADENZA – IL VOCABOLARIO DEL RUNNER

La CADENZA

La cadenza è un parametro biomeccanico molto importante. Probabilmente il più importante da considerare per performance, prevenzione e gestione degli allenamenti.

La cadenza è il numero di passi che si fanno in ogni minuto di corsa. La media dei runner amatoriali va dai 145 ai 165 passi al minuto. La media degli atleti di élite varia tra i 170 e i 190. Si potrebbe pensare che ciò sia dovuto alla velocità, ma in relata non è così. Nei runner professionisti c’è una minima variabilità del numero di passi al minuto e rimangono sostanzialmente uguali sia che corrano a 3’ a Km, sia che corrano a 6’ a Km. Nei runner principianti invece c’è una grande variabilità in base alla velocità.

La CADENZA

Il grafico mostra appunto come nei runner amatoriali o principianti ci sia una grande variabilità nella cadenza, mentre, gli atleti professionisti e chi corre scalzo, non hanno grande differenza.

Questo vuol dire che tutti dovrebbero correre a 180 passi al minuto?

No. Però ci sono alcuni fattori da considerare.

La scarpa altera la biomeccanica di corsa. Chi corre con scarpe moderne e ammortizzate tende ad avere un appoggio di tallone e una cadenza bassa. Gli stessi runner, se si tolgono le scarpe e iniziano a correre a piedi nudi aumentano spontaneamente il numero di passi fino a circa 180 al minuto.

Per chi ha una cadenza bassa (circa 150/160 passi al minuto) può essere utile aumentare la cadenza: perché?

Come detto all’inizio, la cadenza risulta un parametro molto importante per gestire la biomeccanica del runner. Chi corre con una cadenza bassa tendenzialmente presenta un attacco al suolo di tallone, un appoggio molto lontano dal centro di gravità e grande oscillazione verticale. Questo si traduce in maggiori traumi nel momento dell’impatto al suolo, maggiori forze frenanti e un dispendio di energia maggiore.

Immaginate un quadrato e un ottagono che rotolano alla stessa velocità: il quadrato quando atterra al suolo arriverà con una forza maggiore e per poter ripartire necessiterà di maggior forza. Viceversa l’ottagono, farà più passi per andare alla stessa velocità e avrà forza di contatto al suolo più deboli e necessiterà di meno forza per ripartire. A questo link un video che meglio spiega questo concetto.

L’aumento della cadenza ha quindi un effetto anche sulla performance. Riducendo le forze di frenata e il dispendio energetico migliora l’economia di corsa. Inoltre aumentare la cadenza significa avere tempi di contatto al suolo minori e minor dispendio muscolare.

Consigli:

Sei un principiante, o un runner poco esperto (1/2 uscite a settimana da meno di un anno)? Se sì, inizia con gradualità, seguendo uno specifico PROGRAMMA PER INIZIARE A CORRERE, e inizia cercando di tenere una cadenza alta.

Corri da diverso tempo con regolarità e non hai infortuni? Cambiare rappresenta sempre un rischio. Quindi il consiglio è di effettuare una valutazione del gesto della corsa e, insieme, capiremo se e come cambiare la cadenza per migliorare la performance e prevenire gli infortuni.

 

Vuoi capire se la tua cadenza è corretta o se invece dovresti cambiare qualcosa nella tua biomeccanica di corsa? Chiama il 349 3539959 oppure scrivi a info@fisiosprint.it per effettuare una valutazione specifica.

 

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overdiagnosi sanità

UN PROBLEMA SOCIALE

“È peccato desiderarne troppa, di una cosa ch’è buona?”

Si domandava Shakespeare nella commedia “Come piace a voi”.

La salute e la sanità sono un qualcosa che ognuno di noi vorrebbe, ma cosa succede se ne abbiamo troppa?

Cosa vuol dire troppa sanità?

Vuol dire troppi screening di persone asintomatiche, troppe indagini strumentali in quelli che presentano sintomi, troppa importanza data alle eventuali alterazioni riscontrate, invenzioni di quasi-malattie, troppe diagnosi che troppo spesso portano a un eccesso di trattamenti, con bassi rapporti costi/benefici, medicine troppo costose e troppo spesso prescritte. Troppa sanità significa una sanità poco efficace, che non è in grado di risolvere problemi ma, anzi, ne crea di nuovi. In una parola si può chiamare “overdiagnosi”, cioè diagnosi che creano più danni che benefici.

Fare troppe indagini strumentali può portare a scoperte eccessive. Cioè l’identificazione di anormalità che in realtà non sono causa di . Anormalità che erano già lì da tempo e che progrediranno molto lentamente. E più le indagini sono dettagliate e precise, più si potranno trovare alterazioni. Più test farai e maggiore sarà la probabilità di trovare qualche “anormalità”. Facendo delle risonanze magnetiche a persone asintomatiche si scoprono delle periostiti tibiali nel 43% delle persone, borsiti retrocalcaneari nel 58%, artrosi al ginocchio nelle persone con più di 40 anni nel 43%, lesione del labbro acetabolare 68%, degenerazione dei dischi lombari, se avete più di 50 anni 80%. E tutti questi dati in persone asintomatiche! Se avete mal di schiena e avete 50 anni e fate una risonanza senza una valutazione precisa quattro volte su cinque avrete un’ernia, che non significa che sia la causa del vostro dolore, anzi, ma mette ansia e preoccupazione al paziente e sarà molto più difficile il trattamento.

Un altro problema della troppa sanità è il marketing

Muovere la linea tra normalità e anormalità per creare nuovi malati e quindi vendere più trattamenti e medicine.

Cosa è normale non è per forza di cose un obiettivo da raggiungere. Negli USA la normalità è essere obesi, ma non vuol dire che tutti dovremmo essere obesi. La maggior parte delle persone ha il piede neutro, quindi ci hanno fatto credere che chi ha il piede piatto è anormale e va curato e trattato; ma se guardiamo chi ha più probabilità di infortunio o dolori, scopriamo che non ci sono differenze tra avere il piede piatto o “normale”. Così anche chi ha una gamba più corta di qualche millimetro verrà trattato con rialzi, plantari e scarpe specifiche, ma non c’è nessuna evidenza che sia più a rischio di sviluppare problemi rispetto alla popolazione generale.

L’overdiagnosi è uno dei problemi più dannosi e costosi del sistema sanitario moderno. Spesso crea una cascata di eventi che portano a trattare eccessivamente persone che non sono malate.

Per prevenire l’overdiagnosi abbiamo bisogno di personale sanitario che valuti correttamente i pazienti e che li educhi rispetto a quelli che sono i loro problemi.

La velocità aerobica massima

La VAM – IL VOCABOLARIO DEL RUNNER

IL VOCABOLARIO DEL RUNNER

 

La VAM

La Velocità Aerobica Massima (VAM) è la velocità massima alla quale un runner raggiunge il massimo consumo di ossigeno. Sotto questa velocità il metabolismo è di tipo aerobico, al di sopra, non potendo utilizzare maggiore ossigeno, si utilizzerà la fermentazione lattatica e si ha quindi un metabolismo anaerobico.

Il calcolo della VAM risulta molto importante per stilare un programma di allenamento efficace. Inoltre risulta più efficace dell’utilizzo della Frequenza Cardiaca (FC) per calcolare le zone di lavoro.

La Velocità Aerobica Massima si può calcolare in diversi modi, ma i più facili da utilizzare, e al contempo precisi, sono:

  • Test sui 1500m: il test prevede di correre 1500m alla massima velocità. Per calcolare la VAM si utilizzerà la formula VAM=dove sec indica il tempo, in secondi, impiegato per percorrere i 1500m. Il risultato sarà espresso in Km/h.

 

  • Test di VAMEVAL: è un test progressivo e si esegue in pista con dei riferimenti ogni 20m. Dei segnali sonori indicano la velocità da seguire e la velocità aumenta di 0,5 Km/h ogni minuto. Si inizia a 8 Km/h per i runner principianti, 10 Km/h per gli amatori e 12 Km/h per i più esperti. Il test termina quando l’atleta non riesce più a seguire l’incremento della velocità. L’ultimo minuto completato indica la VAM. In alternativa si può eseguire il test sul tapis roulant su cui su può mantenere la velocità costante e quindi il consiglio è di impostare la salita all’1%.

 

A cosa serve?

Soprattutto per i runner amatoriali potrebbe essere utile effettuare tutti e due questi test per avere un risultato più preciso.

Il calcolo della VAM risulta molto importante per impostare allenamenti specifici e per migliorare la performance, soprattutto sui 5/10Km.

Le zone di intensità in base alla VAM sono:

Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5
% VAM Da 50 a 60% Da 60 a 70% Da 70 a 80% Da 80 a 90% Da 90 a 100%

 

Prendiamo ad esempio un runner che uno abbia una VAM di 15 Km/h (4 minuti/Km), le zone sarebbero: Zona 1 tra gli 8:00 e i 6:40 a Km, Zona 2 tra i 6:40 e i 5:43 a Km, Zona 3 tra i 5:43 e i 5:00 al Km, Zona 4 tra i 5:00 e i 4:27 al Km, Zona 5 tra i 4:27 e i 4:00 al Km.

Ricordiamo che l’allenamento dovrebbero essere fatto stando per l’80% del tempo in Zona 1/2 e per il 20% in Zona 4/5.

 

Consigli pratici:

 

La Velocità Aerobica Massima è molto utile per eseguire allenamenti al fine di migliorare la performance come:

  • 5 volte i 400m per 2 serie, con recupero passivo di 2 minuti da un 400 e l’altro e 3 minuti tra le due serie.
  • Lavori piramidali dai 100m ai 500m con recupero crescente all’aumentare della velocità

Gli allenamenti sono impegnativi e vanno ripetuti una, massimo due, volte a settimane; quindi, è meglio se vi fate seguire da allenatori o professionisti specializzati.

 

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Per avere altre informazioni sulla VAM e eseguire un test in studio, chiama il 349 3539959 oppure scrivi a info@fisiosprint.it

 

 

 

Sindrome del tunnel carpale

Sindrome del TUNNEL CARPALE

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

 

COS’È LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE?

La sindrome del tunnel carpale è una neuropatia periferica, cioè una patologia del nervo; ed è la più comune. Il problema alla base di questa sintomatologia è “l’intrappolamento” del nervo a livello del polso, nello specifico il nervo mediano. Questo fa sì che il nervo non riesca più a scorrere correttamente e rimanga schiacciato, con conseguenti sintomi quali formicolio, intorpidimento, parestesia, perdita della sensibilità e perdita di forza.

Tutti questi sintomi, dal più lieve ai più gravi, danno come risultato la perdita delle funzionali della mano, un deterioramento della salute generale e, essendo molto comune, porta con sé serie conseguenze sociali ed economiche. Risulta quindi molto importante trovare un trattamento efficace ed economico per questa condizione.

 

DIAGNOSI

La diagnosi di sindrome del tunnel carpale si basa sull’unione tra la storia e l’evoluzione dei sintomi (anamnesi), studio della conduzione nervosa (Elettro-Mio-Grafia, EMG) ed esame clinico. Si parla di sindrome del tunnel carpale quando sono presenti due o più di questi elementi:

  • Intorpidimento o formicolio nell’area innervata dal nervo mediano (palmo della mano e prime tre dita);
  • Perdita della sensibilità durante la notte;
  • Test di Phalen Positivo;
  • Segno di Tinel positivo;
  • Dolore al polso che può irradiare fino alla spalla.

 

TRATTAMENTO

Storicamente il trattamento della sindrome del tunnel carpale può includere sia un trattamento chirurgico che conservativo, attraverso la fisioterapia. I sostenitori del trattamento chirurgico enfatizzano la sua alta efficacia clinica. Coloro che invece sostengono il trattamento fisioterapico mettono l’accento sulla sicurezza del trattamento e sui benefici della riabilitazione.

Un sondaggio evidenzia che la volontà del paziente spesso è orientata in favore della fisioterapia: infatti, il 61% dei pazienti con la sindrome del tunnel carpale intervistati vorrebbero evitare l’intervento chirurgico. Queste considerazioni incoraggiano alcuni ricercatori a sostenere il trattamento fisioterapico come primo intervento.

 

COSA PREVEDE LA FISIOTERAPIA?

Considerato che il problema alla base della sintomatologia è “l’intrappolamento” del nervo, il trattamento fisioterapico ha l’obiettivo di migliorare lo scorrimento del nervo con massaggi di desensibilizzazione e tecniche chiamate di “neurodinamica. L’enorme vantaggio dato da questo tipo di approccio è dato dall’educazione. Sin dalle prime sedute, il fisioterapista può educare correttamente il paziente su come gestire il dolore e su come svolgere questi esercizi a casa, permettendogli di progredire in base alla sintomatologia. Responsabilizzare il paziente migliora l’efficacia del trattamento.

Gli esercizi di neurodinamica e le tecniche di desensibilizzazione si sono dimostrate efficaci nel trattamento della sindrome del tunnel carpale. Sono stati riscontrati miglioramenti sia a livello del dolore, che della conduzione nervosa e nella funzionalità della mano.

 

CONCLUSIONE

Per trattare pazienti con sindrome del tunnel carpale, l’utilizzo di esercizi di neurodinamica e tecniche di desensibilizzazione hanno dato effetti benefici significativi. Uno studio condotto su pazienti con sindrome del tunnel carpale, mostra che questi, a distanza di quattro anni, hanno gli stessi benefici sia che abbiano effettuato un programma riabilitativo sia che abbiano optato per l’intervento chirurgico.

Le tecniche di neurodinamica non richiedono molto tempo, possono essere insegnate al paziente nel corso delle prime sedute, e questi potrà ripeterle comodamente a casa. In aggiunta, le tecniche di desensibilizzazione sono utili per diminuire il dolore, migliorare la conduzione nervosa e le funzionalità della mano.

 

Referenze:

Wolny T, Linek P Is manual therapy based on neurodynamic techniques effective in the treatment of carpal tunnel syndrome? A randomized controlled trial Clinical Rehabilitation 2019, Vol. 33(3) 408– 417 doi: 10.1177/02692155188052

Fernandez-de-Las-Penas C, Arias-Buria JL, Cleland JA, et al. Manual Therapy Versus Surgery for Carpal Tunnel Syndrome: 4-Year Follow-Up From a Randomized Controlled Trial. Phys Ther. 2020 Oct 30;100(11):1987-1996.  doi: 10.1093/ptj/pzaa150.

LA SCARPA GIUSTA PUÒ PREVENIRE GLI INFORTUNI?

LA SCARPA GIUSTA PUÒ PREVENIRE GLI INFORTUNI?

 

La corsa è l’attività fisica più diffusa al mondo. Chi la pratica ne trae numerosi vantaggi sulla salute generale e sulla qualità di vita. Nonostante questo, però, la corsa non è esente da infortuni. In base alla popolazione indagata e al tipo di studio scientifico tra il 20% e il 90% dei runner si infortuna ogni anno. La corsa è uno sport molto ripetitivo e difatti circa l’80% di tutti gli infortuni è dato da un sovraccarico. L’insorgenza di un infortunio ha quasi sempre una causa multifattoriale (genetica, storia di precedenti infortuni, errori di allenamento, scarpe, etc), ma i ricercatori scientifici sembrano concordi nell’attribuire agli errori di allenamento e ai cambi di abitudini improvvisi la responsabilità maggiore.

Nella pratica però, quando si domanda quale potrebbe essere la causa dell’infortunio, quasi sempre la risposta è la scarpa; e di questo possiamo trovare testimonianza sui blog o nelle discussioni sui social. Ma la scarpa giusta può prevenire gli infortuni?

 

EVOLUZIONE

L’uomo ha iniziato a camminare su due gambe circa due milioni di anni fa, e si è evoluto fino a essere l’animale più resistente sulle lunghe distanze, facendo della corsa il proprio punto forza evolutivo. Ha sempre corso scalzo o con scarpe molto minimaliste; solo negli ultimi 30/40 anni si sono sviluppate le scarpe “moderne”. Può sorprendere ma nonostante l’evoluzione tecnologica degli ultimi 40 anni la percentuale di runner che ogni anno si infortuna è rimasta invariata.

La ricerca scientifica ha dimostrato come la scarpa alteri la biomeccanica di corsa. Tra i runner che corrono scalzi o con scarpe minimaliste quasi tutti corrano di avampiede, mentre chi corre con scarpe moderne quasi sempre appoggia prima con il tallone.  Le industrie produttrici continuano a vendere modelli sempre più tecnologici per limitare gli infortuni, ma alcuni scettici hanno incominciato a pensare che l’interferenza che  la scarpa crea tra il piede e il terreno aumenti la probabilità di infortunio. Ma come stanno realmente le cose?

 

Questo articolo, che prende spunto dallo studio scientifico di Malisoux, vuole essere un aiuto per runner, allenatori, medici e fisioterapisti che si trovano ad affrontare un infortunio e vogliono capire se la scarpa possa o meno essere d’aiuto.

Il peso specifico che ogni runner dà alla scarpa è fortemente influenzato dalle importanti e ben strutturate campagne pubblicitarie che le grandi multinazionali operano in questo senso. Lo sviluppo tecnologico ha generato scarpe sempre più complesse e con nuovi e numerosi parametri che rendono l’acquisto di una nuova scarpa molto difficile: drop, ammortizzazione, intersuola, rigidità, sistemi di antipronazione, tecnologie, minimalismo, peso, battistrada, tomaia.

Capire come una determinata scarpa o un determinato modello possa interferire con l’insorgenza di un infortunio è impossibile, quindi parleremo di caratteristiche generali comuni a molti modelli.

 

PRESCRIZIONE DELLA SCARPA IN BASE ALLA MORFOLOGIA DEL PIEDE

Le patologie da sovraccarico nei runner occorrono per uno sbilanciamento tra carico dell’allenamento e la capacità di tollerare tale carico da parte dei tessuti. La capacità di assorbire e mitigare le forze provenienti dal terreno risulta quindi molto importante. Per questo motivo sono state sviluppate scarpe che andassero a mitigare le forze esterne del terreno aumentando l’ammortizzazione e facilitando il lavoro del piede. Possiamo distinguere tre tipologie di scarpe: (1) scarpe ammortizzate, adatte per chi ha un accentuato arco plantare, il piede rigido e poca pronazione; (2) scarpe stabili, con un po’ di ammortizzazione e un po’ di controllo motorio, utili per chi ha un piede neutro; (3) scarpe con controllo motorio, con una suola più rigida, un sistema antipronazione e un rinforzo sul tallone, utili per chi ha il piede piatto e per chi ha un’eccessiva pronazione.

Diversi studi su più di 7000 runner hanno analizzato se ci fosse differenza di infortuni tra runner a cui veniva assegnata una scarpa in base alla morfologia del piede (cavo, neutro o piatto) e runner in cui invece veniva data una scarpa a caso. I risultati non hanno dimostrato differenze tra i due gruppi, entrambi si infortunavo allo stesso modo.

Finora, nessuna prova scientifica indica che la prescrizione di scarpe in base alla morfologia del piede sia in grado di ridurre gli infortuni. Questo non vuol dire che sia irrilevante, ma che probabilmente gioca un ruolo marginale nella prevenzione infortuni.

 

MORFOLOGIA DEL PIEDE E TIPO DI SCARPE

Una credenza molto comune racconta di come l’anatomia del piede sia correlata con gli infortuni; e cioè che avere il piede pronato o che prona durante la corsa sia causa di infortunio. Uno studio prospettico, che ha seguito quasi mille runner per un anno, non ha mostrato differenza nell’insorgenza di infortuni tra chi ha differenti morfologie di piede. Inoltre, altri studi hanno evidenziato che le scarpe che hanno tecnologie di controllo della pronazione (A4) in realtà non riescano a cambiare il movimento del piede durante la corsa. C’è da dire però, che un recente studio ha mostrato, per la prima volta, come nei runner che hanno il piede pronato possa essere utile prescrivere scarpe con controllo motorio. I risultati però sono minimi e ancora da verificare con ricerche future.

In sintesi, probabilmente potrebbero essere indicato suggerire a runner con pronazione di utilizzare scarpe con tecnologia di controllo del movimento e supporto sulla volta plantare.

 

CAPACITÀ DI ATTENUERE LE FORZE DI IMPATTO

Le industrie di scarpe, insieme all’ingegneria dei materiali, hanno creato negli ultimi anni delle intersuole e piastre che messe nelle suole delle scarpe permettono, a loro dire, di attenuare le forze di reazione dal terreno, limitare gli stress sugli arti inferiori e quindi prevenire gli infortuni. Anche in questo caso, studi scientifici non hanno dimostrato differenze di infortuni tra chi aveva scarpe con intersuola e chi non l’aveva. In un recente studio, si è visto, a differenza della credenza comune, che l’ammortizzazione probabilmente gioca un ruolo protettivo maggiore in persone leggere, mentre le persone pesanti hanno una tecnica di corsa più “morbida” e quindi hanno maggiori benefici con scarpe meno ammortizzate.

Non è vero che più sei pesante e più necessiti di scarpe ammortizzate, mentre potrebbero essere utili per runner leggeri.

 

IL DROP

Uno degli aspetti della scarpa conosciuto alla grande maggioranza è il drop: cioè la differenza di altezza che c’è tra il tallone e la punta della scarpa. Studi condotti su centinaia di runner hanno mostrato come in runner occasionali o principianti si verifichino meno infortuni con scarpe basse (drop 0 o 6cm), mentre in chi corre abitualmente si verificano meno infortuni con scarpe con drop maggiore (10cm).

Quindi l’indicazione è di iniziare con scarpe basse per i principianti, e continuare a usare le scarpe abituali per chi corre da tempo. Si potrebbe pensare, però, che anche i runner esperti, se effettuano una transizione graduale verso il drop 0 e non istantanea (come nello studio indicato), possano beneficiare di questo e ridurre il rischio di infortuni.

 

ETÀ E DURATA DELLA SCARPA

La credenza comune è che la scarpa vada cambiata spesso (dai 400 ai 600Km) perché dopo perde qualità e quindi aumenta la possibilità di infortunarsi. Ci sono pochi studi scientifici su questo argomento e i risultati sono contrastanti e poco chiari. Il degrado delle scarpe e delle tecnologie all’interno della scarpa non sembra avere effetti negativi sull’insorgenza degli infortuni. Da un punto di vista scientifico non si hanno indicazioni certe su quando e come cambiare le scarpe da running.

Il comfort e la sensazione dell’atleta sembrano i fattori più importanti per cambiare la scarpa e non tanto i Km percorsi.

 

MARCA E COSTO DELLE SCARPE

Una domanda banale ma pragmatica potrebbe essere se un determinato brand oppure se scarpe più costose prevengono gli infortuni. Non ci sono studi che confrontano brand o costo delle scarpe e insorgenza di infortuni. In alcuni studi hanno fatto misurare e provare delle scarpe a persone rese “cieche” e si è notato che i partecipanti non riuscivano a trovare differenze nel comfort o nella ammortizzazione tra scarpe molto economiche o scarpe molto costose.

In definitiva si può concludere che il costo e il modello delle scarpe non hanno alcun legame con l’insorgenza di infortuni.

 

CORRERE SCALZI E CON SCARPE MINIMALISTE

La prima domanda che voglio farvi è: perché ognuno di noi deve correre con le scarpe nei piedi? Le evidenze scientifiche ci dicono che correre scalzi fa atterrare maggiormente sull’avampiede e con una cadenza più alta, e questo diminuisce le forze sulle tibie, sulle ginocchia, sull’anca e sulla schiena; viceversa aumenta le forze a livello del tendine di Achille e sul piede. Quindi, correre scalzi o con scarpe minimaliste previene gli infortuni? Un solo studio ha cercato di rispondere a questa domanda e la risposta che ha trovato è che dopo un anno non c’è differenza di infortuni tra chi corre scalzo e chi corre con le scarpe. Altri studi hanno mostrato che correre con scarpe molto minimaliste (FiveFingers o similari) aumenta il rischio di infortunarsi, si tratta però di studi effettuati su un campione molto ridotto e di scarsa qualità scientifica.

In definitiva non ci sono studi fatti bene e conclusioni definitive che ci facciano dire se correre scalzi, o con scarpe minimaliste, sia meglio o peggio rispetto che correre con scarpe tradizionali.

 

DIREZIONI FUTURE

Il marketing delle case produttrici di scarpe è cresciuto a dismisura negli ultimi anni, e il record del mondo della maratona di Kipchoge ha dato ancora più risalto al “mito” della scarpa. La linea di sviluppo tecnologico è quasi sempre improntata alla performance, molto poco invece nella prevenzione infortuni. Tante credenze comuni sono totalmente viziate da campagne atte a propinare il nuovo modello di scarpa ai runner. Le case produttrici non hanno alcun interesse a fare studi sulla prevenzione infortuni e manca una direzione comune per gli sviluppi futuri. Per questo motivo dovrà essere la scienza, nei prossimi anni, ad affrontare tutti quegli aspetti a oggi poco chiari. Anche perché ci sarebbero anche altri aspetti da indagare nel confronto scarpe/infortuni.

 

CONCLUSIONI

Abbiamo visto che tante credenze sono in realtà tramandate senza basi scientifiche alle spalle e quindi sbagliate. Probabilmente per alcuni sottogruppi di runner potrebbero essere utili delle scarpe specifiche. Inoltre possiamo essere abbastanza tranquilli a suggerire scarpe con drop 0 a runner principianti o occasionali. L’ammortizzazione delle scarpe potrebbe avere un ruolo protettivo nei runner leggeri, meno in quelli più pesanti. Quasi tutte queste indicazioni però sono incerte e necessitano di studi futuri che le sostengano, e capire il ruolo della scarpa nello sviluppo di un infortunio rimane molto difficile. L’insorgenza di un infortunio è frutto di tante concause: caratteristiche genetiche, errori di allenamento, scarpe, tecnica di corsa, etc. In questa complessità possiamo dire che la scarpa gioca un ruolo marginale rispetto agli altri aspetti; l’importanza data alla scarpa nella prevenzione degli infortuni è sicuramente esagerata.

Alla luce di questo articolo, alcune semplici raccomandazioni che accompagnano la scelta della scarpa da running sono: scegliere la scarpa in base al comfort, scegliere con cura una nuova scarpa, avere periodi di transizioni adeguati e ascoltare il proprio corpo durante gli allenamenti. La ricerca deve fare studi di confronto includendo tanti runner, ma la verità è che ogni atleta è unico. Bisogna trovare la strada giusta in base a tanti fattori individuali e l’educazione da parte di fisioterapisti o allenatori è fondamentale per guidare il runner al meglio verso la scarpa più appropriata a lui.

 

BIBLIOGRAFIA

Laurent Malisoux , Daniel Theisen. Can the “Appropriate” Footwear Prevent Injury in Leisure-Time Running? Evidence Versus Belief

J Athl Train. 2020 Oct 16;55(12):1215-1223. doi: 10.4085/1062-6050-523-19.

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BUON NATALE

Zaino e mal di schiena

“Lo zaino pesante causa mal di schiena!”

“Se teniamo lo zaino su una spalla sola si diventa storti e viene la scoliosi!”

“Bisogna fare attenzione a come si sta seduti, se no ci si rovina la schiena!” 

 

Queste sono alcune delle frasi che più spesso diciamo o che sentiamo dire ai bambini in vari contesti. Ma, in realtà le cose non stanno proprio così! 

 

Quando si parla di salute, come in questo caso, non bisogna seguire il pensiero comune. Al contrario, è necessario cercare di capire cosa ci suggeriscono gli studi scientifici. Quindi mi sono posto una domanda:

è vero che lo zaino (pesante) provoca mal di schiena nei bambini?

 

Le risposte a questa domanda vi sorprenderanno. 

 

I tanti studi analizzati indicano che lo zaino non causa il mal di schiena, neanche quando il peso dello zaino è superiore al 10% del peso del bambino; per intenderci, quando lo zaino pesa più di 6/10Kg.

Inoltre, gli studi dimostrano che caricare borse monospalla, un trolley o altre varianti di zaino non crea più problemi rispetto al caricare lo zaino nella maniera “corretta”.

 

Ci sono altri aspetti molto importanti da considerare. I nostri bambini devono muoversi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i ragazzi fino ai 18 devono fare almeno un’ora di attività fisica al giorno per crescere bene e stare in salute. La vita sedentaria che conducono i bambini e gli adolescenti probabilmente è il più importante aspetto da considerare quando si parla di mal di schiena nei ragazzi, e non tanto lo sforzo, comunque di pochi minuti, di portare uno zaino pesante.

 

Per quanto riguarda la postura?

 

Anche in questo caso sappiamo che non esiste una postura giusta e una sbagliata. Sappiamo che i bambini devono muoversi e non stare tanto tempo fermi nella stessa posizione. Come dice il grande fisioterapista O’Sullivan, la postura migliore è quella che si cambia ogni 5 minuti. Quindi, cerchiamo di non costringere i bambini a stare sempre nella stessa posizione e consigliamo loro di muoversi il più possibile. 

 

In conclusione, è importante che i bambini e i ragazzi crescano facendo sport e muovendosi molto. Non è quasi mai il peso dello zaino la causa del loro mal di schiena.

 

Le risposte alla domanda iniziale vi hanno scioccato?

Se siete un po’ sconvolti sono contento. Sfatare falsi miti e credenze che vengono portate avanti senza fondamenti scientifici è importante per la fisioterapia moderna e per gestire al meglio i pazienti.

 

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Bibliografia:

  1. Calvo‐Muñoz I., M. Kovacs F., Roqué M., Seco‐Calvo J. The association between the weight of schoolbags and low back pain among schoolchildren: A systematic review, meta‐analysis and individual patient data meta‐analysis. Eur J Pain. 2020 Jan;24(1):91-109. DOI: 10.1002/ejp.1471
  2. Akbar, F., AlBesharah, M., Al-Baghli, J., Bulbul, F., Mohammad, D., & Qadoura, B., & Al-Taiar, A. (2019). Prevalence of lowBack pain among adolescents in relation to the weight of school bags. BMC Musculoskeletal Disorders, 20:37. https://doi.org/10.1186/s12891-019-2398-2
  3. Calvo-Muñoz, I., Kovacs, F. M., Roqué, M., Gago Fernández, I., & Seco Calvo, J. (2018). Risk factors for low back pain in childhood and adolescence: A systematic review. Clinical Journal of Pain, 34, 468-484. https://doi.org/10.1097/AJP.0000000000000558
  4. Devroey, C., Jonkers, I., de Becker, A., Lenaerts, G., & Spaepen, A. (2007). Evaluation of the effect of backpack load and position during standing and walking using biomechanical, physiological and subjective measures. Ergonomics, 50, 728-742. https://doi.org/10.1080/00140130701194850
  5. Dianat, I., Sorkhi, N., Pourhossein, A., Alipour, A., & Asghari-Jafarabadi, M. (2014). Neck, shoulder and low back pain in secondary schoolchildren in relation to school bag carriage: Should the recommended weight limits be gender-specific? Applied Ergonomics, 45, 437-442. https://doi.org/10.1016/j.apergo.2013.06.003
  6. Siambanes, D., Martinez, J. W., Butler, E. W., & Haider, T. (2004). Influence of school backpacks on adolescent back pain. Journal of Pediatric Orthopedics, 24, 211-217. https://doi.org/10.1097/01241398-200403000-00015
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Corso di FUNCTIONAL TRAINING

NUOVO PROGETTO!

Grazie alla collaborazione tra Fisioterapia e Scienze Motorie nasce un nuovo corso targato FisioSprint.

Corso di FUNTIONAL TRAINING

 

Il Functional Training è una metodologia di allenamento che prende spunto e piede in America, in risposta all’abuso delle attrezzature che tappezzano le palestre e i centri sportivi di tutto il mondo. Considerando i tempi moderni, dove la sedentarietà e l’innovazione tecnologica, soprattutto nei giovani, sta portando a una perdita delle loro capacità motorie, a un incremento delle patologie dismetaboliche e al presentarsi sempre più precocemente di problematiche legate alla conformazione ossea/legamentosa/muscolare, il ritorno al movimento risulta fondamentale, sia in ambito di benessere personale, sia nell’ambito sportivo.

 

PERCHE’ SCEGLIERE UNA METODICA DI ALLENAMENTO «FUNZIONALE»

1. Nella nostra vita non esiste l’isolamento muscolare tipico della sala attrezzi;
2. Il nostro corpo è nato per compiere movimenti, grazie alla sinergia dei vari complessi muscolari;
3. Essere «funzionali» vuol dire essere forti, reattivi, agili, elastici e coordinati.

 

COMBO FUNCTIONAL TRAINING

Altro non è che la combinazione di due esercizi racchiusi in un solo finale. Conoscendo la biomeccanica applicata al movimento, saremo sempre appetibili potendo creare nuovi esercizi da poter proporre per rendere le nostre lezioni di F.T. sempre interessanti. Es: Lunges Curl

 

CORE FUNCTIONAL TRAINING

E’ la fascia centrale che include il complesso lombo-coxo-pelvico, considerato il fulcro di trasmissione delle forze dalla parte alta alla parte bassa. Conferisce stabilità al movimento favorendo una miglior postura sia nel fitness che nello sport agonistico.

Muscoli del Core: Trasverso, Obliqui, Retto dell’addome, Quadrato dei lombi, Multifido, Glutei

 

PROPRIOCEPTIVE FUNCTIONAL TRAINING

La regolazione del tono posturale e di tutti i movimenti, sia volontari che riflessi, è legata alle informazioni che arrivano al sistema nervoso dai recettori muscolari, tendinei, vestibolari e articolari. La loro funzionalità a volte può essere scarsa a causa di esperienze motorie limitate, ecco perché l’importanza di introdurre negli allenamenti strumenti come skymmy, pedane propriocettive, fitball ecc.

 

ASYMMETRIC FUNCTIONAL TRAINING

L’esecuzione di esercizi asimmetrici è senza dubbio più impegnativa dell’esecuzione di esercizi classici perché reclutano all’azione più gruppi muscolari. Richiedendo una concentrazione maggiore per mantenere la stabilità del corpo, coinvolgendo maggiormente anche la muscolatura addominale e della schiena, è consigliabile l’utilizzo di carichi non troppo elevati. Nella pratica quotidiana, che tu stia portando le borse della spesa, tenendo tuo figlio in braccio, lanciando una palla o eseguendo altri gesti atletici come nuoto o corsa, il tuo corpo sta producendo una rotazione e controllando una rotazione indotta dall’esterno.

 

SPECIAL FUNCTIONAL TRAINING

  • Basati essenzialmente sulla pesistica adattata
  • Esercizi che combinano in forma varia elementi degli altri 4 metodi
  • Esercizi di Agility

 

 

CONSUMO CALORICO

Un workout di attività funzionale può generare, a seconda dell’intensità (da moderata a vigorosa), un dispendio energetico compreso tra 5.3 a 8 METs. Questo vuol dire che per un soggetto alto 1,70m e che pesa 70kg, avremo un consumo calorico che si aggira tra le 350 e 500kcal per 50’ di attività, rientrando anche in quelle che sono le raccomandazioni ACSM per quanto riguarda la spesa energetica giornaliera per il miglioramento e il mantenimento della fitness cardiorespiratoria.

 

Per maggiori informazioni sul corsi di Functional Training chiamare il 349 3539959

sclerosi multipla fisioterapia

SCLEROSI MULTIPLA: LA FISIOTERAPIA AIUTA

LA FISIOTERAPIA MIGLIORA LA QUALITÀ DI VITA IN PERSONE AFFETTE DA SCLEROSI MULTIPLA

 

La Sclerosi Multipla (SM) è una patologia neurodegenerativa, purtroppo, molto frequente. Colpisce circa 120.000 persone in Italia e con un rapporto di 3:1 colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini.

Può colpire diverse zone del Sistema Nervoso Centrale, e quindi la localizzazione dei sintomi può essere molto disparata. Generalmente più è grave e da più tempo persiste la malattia. più la localizzazione è diffusa, anche se questa correlazione non è sempre vera. Per fortuna, la ricerca scientifica negli ultimi anni sta facendo passi da gigante e la SM, oggi, può essere affrontata e trattata con successo sia con terapie farmacologiche che non farmacologiche. Gioca un ruolo fondamentale quindi la riabilitazione

I BENEFICI DELLA FISIOTERAPIA

Oggi vi parlerò dei benefici che la fisioterapia e l’esercizio aerobico hanno nel migliorare la Qualità di Vita nelle persone affette da SM. Per farlo analizziamo un recente studio che si è posto proprio l’obiettivo di capire quale trattamento non-farmacologico fosse il più indicato per migliorare la Qualità di Vita dei pazienti e i loro aspetti fisici, cognitivi e sociali.

Lo studio ha analizzato diversi aspetti: esercizio aerobico, esercizio anaerobico, yoga, fisioterapia e combinazione di esercizi differenti.

Questa Revisione Sistematica ha evidenziato che gli interventi migliori risultano essere l’esercizio aerobico (corsa, nuoto, ciclismo, etc.) e la fisioterapia. Questi due interventi sono quelli che hanno mostrato gli incrementi più significativi sulle capacità fisiche e mentali e nelle interazioni sociali. In definitiva hanno dimostrato come migliorino la Qualità di Vita. Per gli altri tipi di interventi non è stato possibile dimostrare una reale efficacia del trattamento.

VIVERE CON LA SCLEROSI MULTIPLA

È importante, quindi, che le persone affette da SM rimangano attive, si facciano seguire da un fisioterapista per aumentare la consapevolezza del proprio corpo e per mantenere le proprie capacità fisiche, mentali e sociali. L’isolamento e la paura di fallire sono spesso frequenti, ma esistono strategie che aiutano a migliorare la Qualità di Vita anche in questa situazione delicata per i pazienti e per le persone a loro vicine. 

Quindi: rimanete attivi, fate esercizio fisico aerobico e affidatevi a fisioterapisti specializzati e preparati.

Potete trovare maggiori informazioni utili sul sito dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) www.aism.it.

 

Se hai bisogno di un trattamento fisioterapico prenota subito al: 349 3539959 oppure a info@fisiosprint.it

Corso online per iniziare a correre

CORSO ONLINE PER INIZIARE A CORRERE

Il principale Corso ONLINE per iniziare a correre

La mia esperienza e la mia professionalità, grazie alla collaborazione con LaClinicaDelRunning, al vostro servizio. Il mio interesse verso il mondo del running mi ha portato a specializzarmi nella gestione e nella prevenzione delle principali patologie del runner. Inoltre ho sviluppato una metodologia per gestire l’atleta a 360°: potete scoprire di più nella sezione dedicata alla corsa.

8 LIVE in cui andremo ad affrontare vari aspetti del mondo del running: come iniziare senza infortuni, le scarpe, lo stretching, l’analisi biomeccanica, l’alimentazione, l’allenamento della forza, i falsi miti.

Alla fine di ogni presentazione vi propongo una tabella per chi vuole iniziare a correre in sicurezza e passare dal divano a correre per 30 minuti di fila.

Qui il PDF per Iniziare a Correre

 

Ogni settimana svelerò gli argomenti delle LIVE successive. Per vederle direttamente, per non perdervi nulla e avere la possibilità di farmi le domande in LIVE, seguite la pagina Facebook FisioSprint

 

INIZIAMO A CORRERE INSIEME

1) Nel primo appuntamento del “corso ONLINE per iniziare a correre” capiamo come passare da 0 a 30 minuti di corsa nel corso di 8 settimane. In questo video affrontiamo quali sono gli infortuni più frequenti, come possiamo prevenirli e come riuscire a gestire tutti gli aspetti della corsa per poter iniziare in sicurezza, perché alla fine la corsa è SALUTE.

 

2) Nel secondo appuntamento parliamo di scarpe da running e capiamo come scegliere il paio più adatto, le strategie di marketing che stanno dietro alle pubblicità e quali invece sono gli aspetti importanti da considerare. La scienza deve essere la strada giusta per guidarci nella maniera più sicura.

 

3) Nel terzo appuntamento parliamo di stretching e andiamo a capire quando farlo e quando no, quali esercizi sono migliori per chi corre e invece quali vanno evitati. In un mondo in cui esistono tanti guru e falsi miti, chiediamo sempre aiuto alla scienza per capire cosa realmente ci serve.

 

4) Quarto appuntamento del corso “INIZIAMO A CORRERE INSIEME”. Oggi parliamo di biomeccanica di corsa, e quali tecniche sono più efficienti e quali invece lo sono meno. Capiamo insieme se ha senso cambiare tecnica di corsa e se sì quando. La tecnica di corsa perfetta esiste?

 

5) Quinto appuntamento del corso “INIZIAMO A CORRERE INSIEME”. Analizziamo l’allenamento della forza, e quanto è importante allenare la forza per chi corre, quali sono le strategie migliori di allenamento e perché, a volte, correre meno significa correre meglio.

 

6) Sesto appuntamento del corso “INIZIAMO A CORRERE INSIEME”. Grazie all’aiuto della Dott.ssa CANIL Stefania capiamo come l’alimentazione e uno stile di vita sano possano influenzare la nostra vita e l’attività fisica. Cosa dobbiamo mangiare prima di un allenamento e quali accorgimenti dobbiamo avere se ci si allena la sera o la mattina?

7) Settimo appuntamento del corso “INIZIAMO A CORRERE INSIEME”. Parliamo del tasto dolente di tutti gli sportivi: gli infortuni. Esiste la bacchetta magica? Quali strategie sono le più efficaci per prevenire gli infortuni? Scopriamolo insieme

8) Ottavo appuntamento del corso “INIZIAMO A CORRERE INSIEME”. Nell’ultimo appuntamento parliamo di falsi miti e realtà nel mondo del running. In particolare vi lascio le 10 regole d’oro per un runner! Scoprile nel video

INIZIAMO A CORRERE INSIEME: lo sport è vita